martedì 29 dicembre 2015

Posh


Giovani, aitanti, ricchi e viziati, otto studenti di Oxford appartengono al Riot Club ("Un nome, un programma" verrebbe da dire), elitaria brigata di gentaglia in doppiopetto il cui scopo risiede nello spalleggiarsi a vicenda per nascondere amoralità assortite. Goliardate ora, malaffari in futuro. Poiché non può iniziare un anno accademico senza che si sia in dieci, il gruppo trova altri due bei soggetti da circuire: Alistair (Sam Clafin) e Miles (Max Irons, quasi un gemello di Robert Pattinson). Il primo vanta un fratello leggendario ex membro, l'altro invece ci entra attirato dalle prospettive di successo. Il che condurrà entrambi a due estremi, con inevitabili cambiamenti per la vita futura."Sono stufo marcio delle persone povere!". Il non-senso di Posh potrebbe riassumersi con questa battuta, pronunciata dal più irritante dei personaggi del film. Diretta dalla danese-britannica Lone Scherfig, l'adattamento cinematografico dell'omonima piéce teatrale di Laura Wade - autrice anche della sceneggiatura - è una pellicola sbiadita, come la fotografia di Sebastian Blenkov. Cosa aggiunge di nuovo Posh sui rapporti tra upper class e resto del mondo? Nulla, e lo fa anche con poca convinzione. "Sono tutti uguali" vien detto di loro da un comune mortale, e in effetti alcuni di loro si assomigliano anche somaticamente, accomunati dall'idea che siano denaro e sesso a dettar legge. Ma al di là dei luoghi comuni sputati tra fiumi di alcol e volgarità assortite (tipo: 'grazie all'utopia laburista i poveri fanno i debiti per essere come noi'), non resta granché. Forse solo la gattopardesca inquadratura finale. Prodotto dalla 'spregiudicata' rete Channel 4.
PS "Posh" significa sia "snob" che "chic".

CRITICA: **

VISIONE CONSIGLIATA: A