domenica 7 dicembre 2008

Nessuna verità

Giordania. Il giovane agente della CIA Roger Ferris (Leonardo DiCaprio) lavora ‘guidato a distanza’ dal suo superiore Ed Hoffman (un Russel Crowe oversize, ingrassato di almeno 20 chili): il suo compito – tutt’altro che facile – è quello di catturare l’anziano capo-terrorista Al-Salim, legato alla rete di Al-Qaeda, fresca autrice di un attentato a Manchester. Ma le pericolose ‘invasioni di campo’ di Hoffman metteranno a dura prova i rapporti tra Ferris ed il capo dell’intelligence giordana Hani (Mark Strong), il quale ha messo i propri agenti a disposizione degli USA.
Dopo la storia del “padrino nero” narrata in American Gangster, Sir Ridley Scott torna a parlare di medio oriente (lo aveva già fatto – seppur con ‘declinazione storica’ – nel 2005 con Le crociate), girando un film che sembra la versione semplificata di Syriana (di Stephen Gaghan, 2005), ma ibridata con due film del suo meno noto fratellino Tony, ovvero Nemico pubblico (vedi le tante riprese satellitari) ma soprattutto Spy Game. Il risultato non è male, ma poteva essere migliore: la sceneggiatura è di William Monahan (The Departed e ancora Le crociate), il che è garanzia di complessità dell’intreccio – e di abuso di telefoni cellulari. Ma qui, se mai, la fonte dei problemi è proprio nel ‘manico’, ovvero nel discreto romanzo Body Of Lies del giornalista del Washington Post David Ignatius, nel quale abbondano stereotipi e banalità sul mondo degli agenti segreti e sui terroristi islamici, oltre a mancare un palpabile climax narrativo ascendente. Comunque, a tenere alta la bandiera (fortunatamente più quella del cinema che non della patria) ci pensano l’impeccabile messinscena targata Scott/Scalia/Witt/Streitenfeld (regia-montaggio-fotografia-musiche) e le ottime performance di DiCaprio – ormai non vi è film in cui non rischi la pelle – e di Strong, l’“Andy Garcia mediorientale”, in realtà londinese. Il caro Crowe, invece, oltre ad eccedere nel peso, eccede in gigioneria. Del tutto accessoria e simpaticamente scontata la liason tra Ferris e la bella infermiera Aisha (G. Farahani). Il titolo originale significa – più bruscamente – “Un mucchio di menzogne”.

CRITICA: **1/2

VISIONE CONSIGLIATA: I

mercoledì 3 dicembre 2008

21

Il ventunenne Ben Campbell (Jim Sturgess, quasi un clone di Tobey Maguire, già visto in Across The Universe) è un brillantissimo studente del MIT di Boston, privo però dei soldi necessari per accedere alla prestigiosa facoltà di medicina di Harvard. Un giorno il suo professore di matematica Micky Rosa (un Kevin Spacey gigione) gli fa una proposta ‘che non può rifiutare’, ovvero giocare – insieme ad altri studenti suoi coetanei – a svariate partite di blackjack nei casinò di Las Vegas, facendo uso di un metodo che permette di contare le carte e di incassare un mare di soldi.
Una storia incredibilmente vera già divenuta romanzo bestseller (Blackjack Club di Ben Mezrich) è materia narrativa da commedia-bildungsroman per Robert Luketic (La rivincita delle bionde, Quel mostro di suocera), che rischia però di essere un po’ troppo diluita nelle due ore abbondanti di durata. Fortunatamente la colonna sonora martellante e la ipercromatica fotografia in digitale – per circa ¾ delle riprese – di Russel Carpenter (Titanic) rendono il quadro decisamente accattivante e piacevole anche (e soprattutto) per chi non ha alcuna dimestichezza coi tavoli di velluto verde.
“21” è uno dei modi con cui si può chiamare il suddetto gioco d’azzardo, il più diffuso sul pianeta.

CRITICA: **1/2

VISIONE CONSIGLIATA: T