mercoledì 27 febbraio 2008

Il demone sotto la pelle

In un’imprecisata città americana si trova l’Arca, ovvero un complesso residenziale di lusso fornito di ogni comfort, persino di una clinica medica dedicata. Un giorno in un appartamento viene ritrovato il cadavere di una ragazza sventrato e riempito di acido: la terribile operazione è stata compiuta da un medico che subito dopo si è suicidato. E’ stato il disperato tentativo, compiuto da parte di quest’ultimo, di eliminare dei parassiti incrementatori di libidine, capaci di trasmettersi per via sessuale o orale, nonostante fossero stati concepiti da ricercatori per rimpiazzare organi umani malfunzionanti. I luridi parassiti si diffonderanno subdolamente in tutto il complesso…
Questo è uno dei primissimi lungometraggi (1975) del canadese David Cronenberg: discretamente truculento, provocò già scandalo tra i critici benpensanti per via del legame cibo-sesso-morte e per l’inquietante finale di notevole efficacia dissacratoria nei confronti del marciume sociale. Frase chiave: “Perfino la morte è un atto di erotismo”. Peccato per una certa povertà di mezzi e per una fotografia 'televisiva'. Evidenti richiami a L’invasione degli ultracorpi di D. Siegel e a La notte dei morti viventi di G.A. Romero. Ivan Reitman (futuro regista di Ghostbusters) figura come produttore e autore delle musiche.

CRITICA: ***

VISIONE CONSIGLIATA: A

domenica 24 febbraio 2008

Number 23

Walter Sparrow (Jim Carrey) è un triste accalappiacani americano. Un giorno la moglie (Virginia Madsen) gli regala quasi per caso un libro stampato amatorialmente, The Number 23: è la storia delle indagini compiute dal detective Fingerling (sempre Carrey) su un omicidio. Molti punti di contatto tra la vita di Fingerling e quella di Sparrow portano quest’ultimo a sprofondare in uno stato di ossessione numerologica che paralizzano la sua vita, fino a convincerlo di non poterle far seguire una traiettoria diversa da quella descritta dal libro. Epilogo chiarificatore.
Joel Schumacher, regista che ha diretto fin troppi film con la mano sinistra, non si smentisce neanche stavolta, confezionando un film cupo, stiracchiato, poco coinvolgente, nonostante l’idea di base sia decisamente accattivante, purtroppo però sviluppata in maniera ridicola. Funziona soltanto il versante formale: fotografia di Matthew Libatique (Inside Man) e musiche di Harry Gregson-Williams (Le crociate).

CRITICA: **

VISIONE CONSIGLIATA: I

Daddy And Them

Una famiglia numerosa si riunisce a Little Rock (Arkansas), perché uno dei suoi membri, lo Zio Hazel, è finito in carcere per rapina a mano armata. Questa è l’occasione che permette ad ognuno di “fare il punto” sulla propria vita, specialmente su quella sentimentale.
Apparentemente un film corale, visto l’ampio e simpatico cast (che include Laura Dern, Kelly Preston, Brenda Blethyn, Ben Affleck e Jamie Lee Curtis), questo piccolo lavoro diretto e interpretato da Billy Bob Thornton – alla terza regia – è in realtà una crepuscolare riflessione sulla sincerità dei rapporti di coppia, impregnata di musica country e di dialoghi taglienti, ma anche di frasi d’amore piacevolmente spiazzanti per la loro onestà. Qualche parolaccia di troppo.

CRITICA: **1/2

VISIONE CONSIGLIATA: I

domenica 17 febbraio 2008

American Gangster

La vera incredibile storia di Frank Lucas (Denzel Washington, cattivo efficace), che da autista del vecchio boss di quartiere diviene il signore della droga nella New York ai tempi del Vietnam. Sulle sue tracce c’è Eric Roberts (Russel Crowe, giustamente sotto le righe), poliziotto modello ma pessimo padre di famiglia, donnaiolo e disordinato. Lucas espande il proprio potere smerciando cocaina purissima (la “Blue Magic”) proveniente dal sud-est asiatico a prezzi bassissimi; Roberts è costretto dalla polizia a proseguire le indagini con una squadra tanto scalcagnata quanto efficace. I due si (intra)vedranno al Madison Square Garden ai tempi della mitica sfida pugilistica Alì-Frazier…
Il maestro della regia Ridley Scott (Il genio della truffa; Il gladiatore) torna con un film a lui tematicamente congeniale: come in tutti i suoi lavori, a contare è l’itinerario compiuto dal protagonista, persona che in nome dei suoi valori è pronta a scontarsi col mondo circostante. In questo caso Scott narra “i due lati del sogno americano” – citando la tag line della locandina originale – sceneggiato da Steven Zaillan (Schindler’s List) e servendosi del montaggio eccezionale di Pietro Scalia (Oscar per Black Hawk Down), che concede pari spazio alle due linee della storia facendole poi convergere mediante sequenze sempre più brevi e simmetriche. L’affresco è di grande impatto estetico grazie alla livida fotografia di Harris Savides (Zodiac), ai brani d’epoca e alle musiche di Marc Streitenfeld (Un’ottima annata). Spiccano come figure di contorno i due boss interpretati da Cuba Gooding Jr. ed Armand Assante, ed il poliziotto corrotto Trupo (Josh Brolin).
Il finale è memore di Quei bravi ragazzi di Scorsese, film scritto da Nicholas Pileggi, stavolta solo produttore esecutivo. Giustamente vietato ai minori di 14 anni, nonostante la violenza esploda solo in brevissime sequenze, tra cui quella che precede i titoli di testa.

CRITICA: «««

VISIONE CONSIGLIATA: A