giovedì 28 maggio 2009

10.000 AC

Una tribù di cacciatori di mammut accoglie una bambina dagli occhi blu, unica superstite della propria, decimata da un popolo violento e progredito (dai tratti mediorientali…). La piccola Evolet, divenuta donna (interpretata da Camilla Belle – di nome e di fatto – e già vista in Chiamata da uno sconosciuto e nella pubblicità del Nescafé, in cui non vuole l’autografo da Clooney) e da sempre smisuratamente amata dal cacciatore D’Leh (Steven Strait), viene rapita dagli stessi autori della strage della sua infanzia: al che, il suo uomo metterà insieme tutti i popoli oppressi che incontrerà lungo il cammino per liberarla e per sconfiggere il nemico.
Il ritorno sul grande schermo di Roland Emmerich (Independence Day; L’alba del giorno dopo) è nel segno dell’ingenuità dei vecchi “sandaloni” e simili made in Cinecittà: spiccano cambi di location incredibilmente bruschi, civiltà evolute degne di epoche successive, animali estinti affamati di uomini, sciamanesimo fantasy. L’accozzaglia di topoi sfacciatamente mutuati da 300 (anch’esso prodotto dalla Legendary Pictures), Apocalypto e Stargate (dello stesso Emmerich) è talmente spinta da non poter essere involontaria. Fortunatamente la pellicola dura poco, non si prende sul serio ed intrattiene grezzamente: al termine si ricorderanno un paio di occhi blu, paesaggi splendidi e bestie digitali di ottima fattura. Nemmeno una goccia di sangue.

CRITICA: *1/2

VISIONE CONSIGLIATA: T

domenica 10 maggio 2009

Viaggio allucinante

Un illustre scienziato giunge negli States, ma rimane subito vittima di un attentato che lo riduce in coma. L’intervento per rimuovergli l’ematoma “cerebrale sub-aracnoideo” gli risulterebbe fatale, ma ci sarebbe un modo per eseguirlo: iniettargli nel sistema arterioso un sottomarino rimpicciolito a grandezza di microbo, con equipe chirurgica a bordo. Il che avviene, ma ‘cambi di rotta’ e l’ombra di un sabotaggio rischiano di far saltare tutto. A complicare le cose vi è anche la durata della miniaturizzazione, di soli sessanta minuti. Un classico del cinema di fantascienza, diretto da Richard Fleischer (20.000 leghe sotto i mari) e basato su un racconto di Otto Klement e Jerome Bixby. Per quanto il film si apra con un ringraziamento ai medici che hanno collaborato alla sua realizzazione, va detto che l’interno del corpo appare quanto mai colorato e bizzarro, con il sottomarino che si muove con grande (forse troppa) libertà tra tessuti, organi e sistemi: la fotografia, con fluide carrellate, lo segue al meglio. Alcuni effetti speciali restano ancora abbastanza credibili, altri tendono ad apparire grossolani; comunque, il divertimento è assicurato. 2 Oscar ’67 (scenografie ed effetti visivi).
Simile idea di partenza avrà Salto nel buio di Joe Dante (1987).

CRITICA: ***

VISIONE CONSIGLIATA: T