venerdì 1 maggio 2015

Magic In The Moonlight


Berlino, 1928. Stanley Crawford (Colin Firth), illusionista di fama mondiale, viene invitato dall'amico e collega Howard Burkan (Simon McBurney) a trascorrere una breve vacanza in Provenza. Con un obiettivo: smascherare la sedicente sensitiva Sophie Baker (Emma Stone) - bella, giovane e povera - sul punto di sposarsi col facoltoso pollo Brice (Hamish Linklater). La trama del 47esimo lungometraggio di Woody Allen è tutta qui. Ma basta ciò a qualificarlo come un film inconsistente, accusa mossa dai detrattori? Inficiato da qualche momento ripetitivo o di stallo, è valorizzato dalle ottime prestazioni dei due protagonisti e strappa più di un sorriso con alcune immancabili battute brillanti.
Vero cuore del film è il contrasto tra illusione e razionalità, incarnato dai due protagonisti. Il prestigiatore Crawford è - a dispetto del proprio mestiere - estremamente cinico, razionale e sarcastico. Vive di magia in un mondo che ne è privo. Sophie invece - pur disposta a cedere al fascino dei soldi - è convinta che non si debba credere (solo) a ciò che si vede: è lo sguardo a essere determinante. La morale è che un'esistenza senza un pizzico di mistero sarebbe triste e insensata. E uno dei misteri necessari è quello dell'amore. Una lezione che lo stesso Allen - pur essendo ateo convinto - impartisce allo spettatore grazie alla strepitosa fotografia panoramica del franco-iraniano Darius Khondji (Seven). Chi non sarebbe felice di trovarsi in una Costa Azzurra dai colori pastello in compagnia della persona amata?
Danneggiato da un battage pubblicitario insolitamente pervasivo, Magic In The Moonlight è costato 14 milioni di dollari e ne ha incassati solo 10 negli Stati Uniti: l'ennesimo flop in casa. Eppure globalmente ne ha incamerati 32. Come sempre Allen dimostra di essere più amato nel Vecchio Mondo che nel Nuovo.

CRITICA: ***

VISIONE CONSIGLIATA: T

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