venerdì 31 luglio 2015

Locke


Lo stimato capocantiere Ivan Locke chiude la giornata di lavoro. Si toglie gli scarponi, sale in auto e si dirige verso Londra. Una volta a bordo, con una serie di telefonate prova a ricomporre la propria vita che sta andando in frantumi. Mentre lo spettro del padre defunto aleggia su di lui.
Se fosse uno sceneggiato radiofonico della Bbc non sarebbe male. Peccato che Locke si proponga come l'ennesimo film da camera, tutto dialoghi e istrionismo attoriale. Tom Hardy sarà stato sicuramente felice di sfoggiare una prestazione decisamente convincente. Meno felice è lo spettatore, bloccato ("locked") come il protagonista in una notte senza vie d'uscita, costretto dalla regia claustrofobica di Steven Knight a sorbirsi una telefonata dopo l'altra, con le inquadrature che giostrano tra lo schermino del navigatore, lo specchietto retrovisore e i riflessi sul parabrezza. Nulla di nuovo sul grande schermo, tutto prevedibile, come le tante dichiarate specularità, tra cui quelle con l'inetto padre e il sorprendente calciatore Caldwell, che in una notte prende a calci la fama di schiappa che l'ha sempre accompagnato.
Verrebbe da chiedere al regista Joe Wright (Orgoglio e prediudizio; Espiazione) perché abbia prodotto per il cinema questo film cieco: la televisione sarebbe stata più che sufficiente.

CRITICA: **

VISIONE CONSIGLIATA: I

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