giovedì 19 febbraio 2015

Whiplash


Al prestigioso Shaffer Conservatory di New York s'istruisce la crème del futuro della musica. Ma a occuparsi del meglio del meglio c'è Terence Fletcher: veste come il colonnello Kurtz di Apocalypse Now e sbraita come il sergente Hartman di Full Metal Jacket. "Non esistono in qualsiasi lingua del mondo due parole più pericolose di bel lavoro" è il suo motto. Per questo spreme gli allievi da lui stesso selezionati, portandoli al limite della sopportazione fisica e mentale per scoprire se tra di loro si nasconde il prossimo "grande", colui che ripercorrerà la strada che trasfigurò Charlie Parker in "Bird".
E' una storia di formazione lacrime e sangue quella scritta e diretta da Damien Chazelle, 30enne al suo secondo lungometraggio. Distribuito dalla Sony Pictures Classics, costato poco più di tre milioni di dollari, Whiplash si stacca nettamente e sotto molti aspetti dalla produzione mainstream americana. Già il fatto che il protagonista - che ha il volto d'altri tempi del 27enne Miles Teller - voglia diventare il più grande batterista jazz, la dice lunga. Eppure la trama, costellata di cattiverie e di colpi di scena, coinvolge e appassiona: siamo più dalle parti di un thriller che di un college movie, supportato da un montaggio - estremamente tagliente di Tom Cross - che non dà tregua, pur non scadendo mai nell'estetica da videoclip. Quando gli ensemble s'accingono a suonare sembra di vedere eserciti pronti a combattere (Chazelle ha poi confermato che il suo intento era di dare lo stesso senso di dinamismo).
Molti addetti ai lavori si sono lamentati: per quanto il film sembri descrivere accuratamente quel mondo (vedi le antipatie tra studenti), in realtà lo tradisce: Parker non divenne grande (solo) perché era veloce; gli insegnanti violenti non sono i più quotati; la dimensione muscolare della performance non è la più importante. Whiplash, però, non è solo questo. Non manca una stilettata alle famiglie a stelle e strisce: può, in una chiacchierata a tavola tra parenti, entusiasmare più un quarterback di terza categoria che non il batterista più promettente della nazione? Il padre di Andrew è una figura positiva, ma debole. Neanche le ragazze ne escono benissimo: per quanto gentili, sono anonime, evanescenti, opportuniste. Chi davvero polarizza la vita di Andrew è Fletcher, interpretato da uno J.K. Simmons che finalmente riesce a prendersi sul grande schermo tutto lo spazio che merita. Fa quasi impressione ritrovare il caricaturale direttore del "Daily Bugle" di Spider-Man (2002) nei panni di un maestro luciferino, sboccato e manipolatore. In più di un'occasione pare quasi solo un teschio che emerge dal buio. Chiedendogli di rappresentare "un mostro, un gargoyle, un animale", Chazelle - pur lasciandogli grande libertà durante le riprese - lo ha modellato sull'istruttore che aveva a fine liceo, responsabile di aver costituito un clima di "puro terrore" nella jazz band scolastica. Teller, con un passato di batterista rock amatoriale, s'è calato perfettamente nella parte, sottoponendosi a una full immersion. Solo in qualche inquadratura le sue mani sono rimpiazzate da quelle di una più esperta controfigura. Gli altri suonatori del film sono professionisti e veri studenti di musica: le loro reazioni, sul grande schermo, non mentono. Tutte scelte vincenti.
Cinque nomination agli Oscar 2015 (di cui tre vinti: attore non protagonista, montaggio e suono). Simmons pluripremiato, dai Golden Globes ai Bafta. Presentato fuori concorso a Cannes 2014.
PS Whiplash è un brano di Hank Levy e significa "frustata".

CRITICA: ****

VISIONE CONSIGLIATA: I

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