domenica 30 marzo 2008

Un'ottima annata

Max Skinner (un occhialuto Russel Crowe) è uno spietato broker londinese, cinico e solitario. Un giorno riceve a casa una lettera che gli comunica che il suo amato Zio Henry (Albert Finney) è deceduto, lasciandogli in eredità la sua villa in Provenza – con vigna annessa – in cui passava le vacanze estive da bambino. Quindi Max si reca subito in Francia, però con l’intenzione di vendere la villa: ma una serie di incontri – tra cui quello con la bella Fanny Chenal (Marion Cotillard) – e di riaffiorati ricordi lo porteranno a riflettere sulla propria vita e su se stesso.
Già guardando la locandina si può intuire quale strada prenderà il film. Ma questo è un piccolo film ‘di regia’ del grande Ridley Scott: a contare sono i simpatici personaggi (tra cui Tom Hollander, il Mr. Collins di Orgoglio & Pregiudizio), la coloratissima fotografia di Philippe Le Sourd, il montaggio mai piatto (vedi la partita di tennis tra Max e il vignaiolo) e perfettamente abbinato a brani pop o “da camera” (musiche di Marc Streitenfeld). La sceneggiatura a orologeria, che comunque non risparmia un paio di colpi di scena nel sottofinale, è di Marc Klein, basata sull’omonimo romanzo di Peter Mayle. Una commedia/inno alla “vita tranquilla” di oraziana memoria – che diviene gradatamente sentimentale – con l’estetica di uno spot pubblicitario.
Una curiosità non marginale: sia il regista che lo scrittore Mayle hanno una tenuta in Provenza.

CRITICA: «««

VISIONE CONSIGLIATA: T

martedì 25 marzo 2008

Quando l'amore è magia - Serendipity


Dicembre 1990: Sara (Kate Beckinsale), inglesina in vacanza a Manhattan, e Jonathan (John Cusack) s’incontrano al lussuoso centro commerciale Bloomingdale’s, desiderosi di acquistare un paio di guanti. L’incontro/scontro fa sì che i due si conoscano e si piacciano subito, ma c’è un piccolo problema: entrambi sono già fidanzati. Dopo un gradevolissimo pomeriggio, si salutano. Sara, però, convinta che il Destino abbia sempre l’ultima voce in capitolo, decide di segnare il proprio numero di telefono su un libro che il giorno dopo rivenderà, e costringe Jonathan a segnare il suo su una banconota da cinque dollari. Finiranno per rivedersi?
Peter Chelsom (Shall We Dance) dirige una commedia romantica piacevolmente prevedibile e priva di prolissità: dura quello che deve durare, diverte senza essere volgare, accarezza l’occhio con le immagini di una New York natalizia da cartolina. Gli interpreti sono carini e affiatati, le musiche accattivanti. Consigliatissimo a chi crede nel detto “Amor omnia vincit”.
Serendipità, termine coniato da H. Walpole, significa “incidente fortunato” ed è anche il nome di un (vero) locale che appare nel film. Una curiosità: le Torri Gemelle sono state cancellate digitalmente da alcune riprese, visto che la pellicola fu fatta uscire poco dopo il loro crollo.

CRITICA: **1/2

VISIONE CONSIGLIATA: T

domenica 16 marzo 2008

The Bourne Ultimatum


Capitolo conclusivo (?) della saga dello smemorato agente CIA Jason Bourne (Matt Damon). Nel finale del film precedente il protagonista, ferito, si spostava da Mosca a New York. In questo film, i 2/3 dell’azione raccontano ciò che è avvenuto in questo lasso di tempo, partendo proprio da Mosca: il Nostro è alla raccolta degli ultimi pezzi di memoria utili alla ricostruzione del proprio passato. Inizialmente – a Londra – è aiutato da un giornalista inglese del Guardian, poi – passando per Madrid e Tangeri – si fa beffe dello “zoccolo duro” della CIA, il progetto Blackbriar, guidato da Noah Vosen (David Strathairn, Oscar per Good Night And Good Luck), fino a giungere a New York per capire davvero perché è divenuto una macchina per uccidere. Lungo il percorso si farà aiutare da due donne: l’agente Nicky Parsons (Julia Stiles) e dalla tenace Pamela Landy (Joan Allen), suo “angelo custode” già in passato.
Paul Greengrass (Bloody Sunday), già autore del precedente The Bourne Ultimatum, incrementa il ritmo narrativo e riduce al minimo i dialoghi, supponendo che lo spettatore già sappia il necessario su trama e personaggi, puntando tutto su una spettacolarità che è figlia della virtuosistica fotografia di Oliver Wood e del montaggio mozzafiato di Christopher Rouse. Eccezionalmente trascinante la colonna sonora di John Powell (Face Off), perfettamente in sintonia con le immagini. Un film molto europeo (regista britannico, location autentiche) ed americano allo stesso tempo: gran parte del merito circa le scene d’inseguimento è dovuto a Dan Bradley, regista della seconda unità.
Quasi un esempio di “cinema puro” postmoderno. 3 Oscar: montaggio, suono, effetti sonori.

CRITICA: ***

VISIONE CONSIGLIATA: I

lunedì 10 marzo 2008

Palombella rossa

Michele Apicella (Nanni Moretti) è un esponente del PCI che ha perso la memoria in seguito ad un incidente stradale. Essendo egli anche un giocatore di pallanuoto, va a giocare con la sua squadra (allenata da Silvio Orlando) una partita in trasferta ad Acireale, ma nessuno si accorge di quel che gli è accaduto. Giocherà poco e male, e a momenti riaffioreranno i suoi ricordi antichi e recenti: da quando iniziò a nuotare fino alle sue apparizioni in Tribuna politica.
Un non-film onirico e di taglio autobiografico che Moretti – sia regista che attore – confeziona abilmente, riempiendolo di riferimenti al proprio passato e a quello del Partito, non risparmiando critiche alle convenzioni linguistiche e sociali. Il risultato è discutibile, ma la capacità di spiazzare (e talvolta di emozionare) lo spettatore sono indubbi.
La palombella è un tiro lento e preciso difficile da parare. Da ricordare alcuni camei di membri dell’intellighenzia e del mondo del cinema ed una acerba Asia Argento nel ruolo della figlia del protagonista.

CRITICA: **1/2

VISIONE CONSIGLIATA: T

martedì 4 marzo 2008

Die Hard - Vivere o morire

Il ruvido detective newyorchese John McClane (Bruce Willis) stavolta è alle prese con un gruppo di terroristi informatici, capeggiati dall’hacker Thomas Gabriel (Timothy Olyphant), che ha deciso di mandare in tilt tutti i sistemi informatizzati degli USA, privandoli in seguito di corrente elettrica. Il Nostro, dopo aver catturato un giovane pirata informatico, si dirigerà da Gabriel affiancato da quest’ultimo per ripristinare l’ordine e per salvare la vita della sua figlia adolescente, gratuitamente coinvolta.
Quarto capitolo (noto anche come Die Hard 4.0) della saga di Die Hard, inaugurata nel 1988 dal memorabile Trappola di cristallo di John McTiernan, che qui passa la regia a Len Wiseman (Underworld), però senza che vengano messi in discussione il gusto per l’esagerazione e la dinamicità delle immagini (fotografia di Simon Duggan). La prima parte del film è la migliore, con gli Stati Uniti nuovamente nel panico e nel caos, in preda alla paranoia post-Undici Settembre; nella seconda l’azione unisce anche il versante familiare del protagonista allo scenario, affidandosi a scene d’azione che diventano sempre più inverosimili. Willis, ‘eroe per caso’ repubblicano, pronuncia una frase – rivolgendosi al giovane compagno hacker – che esemplifica al meglio la sua visione: “Tu non sei contro il sistema, sei contro una nazione di milioni persone normali”. Comunque, grande spettacolo alla vecchia maniera, con stunts ed esplosioni vere e (relativamente) poco digitale. Montaggio di Nicholas De Toth e musiche dell’italiano Marco Beltrami. La sceneggiatura si è basata sull’articolo A Farewell To Arms di John Carlin. Occhio alla star delle soap opera Edoardo Costa nei panni di uno scagnozzo di Gabriel.

CRITICA: ««½

VISIONE CONSIGLIATA: T

sabato 1 marzo 2008

Il diavolo veste Prada

Andy Sachs (una convincente Anne Hathaway) è una brillante neolaureata, proveniente dalla provincia americana, completamente priva di conoscenze e di cultura circa il mondo della moda. Nonostante tutto si reca alla redazione di Runway (ovvero Vogue America), diretto dall’algida ed esigentissima Miranda Priestly (una grande Meryl Streep nominata invano agli Oscar, clone della vera Anna Wintour) per farsi assumere. Dopo un imbarazzante colloquio, ci riesce. Dovrà poi sottostare 24 ore al giorno agli impossibili ordini di Miranda e subire l’incorruttibile antipatia della capo-segretaria Emily (Emily Blunt, vincitrice del Golden Globe) e del costumista Nigel (un memorabile Stanley Tucci), dopo aver subito una “cura” che ha trasformato il suo stile e messo a rischio il suo rapporto col paziente ed umile fidanzato.
David Frankel, premiato regista della famosa serie TV Sex & The City, dirige un brioso film glamour e metropolitano sull’effimero ed iperdinamico universo delle riviste fashion, recitato da una protagonista quasi sempre col cellulare in mano e circondata da personaggi impregnati di stronzaggine, lanciatori a pieno ritmo di battute sarcastiche. Poco credibile il finale sdolcinato, quasi fiabesco. Colonna sonora accattivante con varie hits tra cui Jump di Madonna; funzionali il montaggio di Mark Livolsi e la fotografia di Florian Ballhaus (figlio del grande Michael).
Da segnalare i camei di Valentino e di Heidi Klum.
Basato sull’omonimo best seller autobiografico di Lauren Weisberger.
P.S. E' un caso che la protagonista si chiami Sachs? In effetti suona molto simile a “sucks”, cioé “fa schifo” in inglese, in riferimento alla sua disastrosa goffaggine prima della “cura”.

CRITICA: ««½

VISIONE CONSIGLIATA: T